C’è un momento dell’anno in cui la Corsa di Miguel moltiplica i suoi palcoscenici. La domenica dell’Olimpico cede il testimone alle diverse piste in giro per la città, un mosaico che si frammenta e che si ricomporrà solo per la finale allo stadio dei Marmi. Fra questi impianti, quello di Tor Tre Teste, lo stadio intitolato ad Antonio Nori, il più giovane della capitale, il fratellino del parco dove fanno su e giù gli amatori, davanti alle Vele di Meyer.
Qui, l’atletica convive con il rugby, due sport legati sempre da un certo feeling. Marcello Fiasconaro, primatista del mondo degli 800 metri nel 1973 all’Arena di Milano, veniva dall’ovale e nelle sue falcate si intuiva quel passato rugbistico. E molti anni prima, uno degli eroi delle Olimpiadi di Parigi 1924, immortalato dal film premio Oscar “Momenti di gloria”, fu Eric Liddell, che aveva vissuto una carriera divisa fra la pista, fino all’oro olimpico dei 400 metri, e la sua veste di ala nella nazionale scozzese di rugby. Un personaggio straordinario che finì i suoi giorni da missionario in Cina, a dividersi fra la lettura della Bibbia e le partite in cui aveva sostituito il rugby con il basket per comunicare con i ragazzini di quelle parti.
Ora, però, è il momento di una gara diversa, che poi proprio gara non è, lo si può chiamare Staffettone o più basicamente, festa. Tutti con il cappellino giallo, tutti nel ricordo di Miguel. E a distanza di anni, c’è in questa immagine un’imbattibile tenerezza. Come se l’atletica avesse voluto rubare alla scrittrice Elsa Morante un titolo dei suoi libri: il mondo salvato dai ragazzini.