Marcell Jacobs era appena tornato dal suo primo grande successo, la vittoria nei campionati europei indoor di Torun, in Polonia.
Sembrava un giorno come tutti gli altri, ma appena varcata la soglia di ingresso dello stadio Paolo Rosi, a Roma, si rese conto che nella sua “seconda casa” qualcuno gli aveva preparato un’accoglienza speciale.
Lo striscione diceva “onore al campione d’Europa”. Ma era la torta a spingersi più in là con un pronostico vestito da speranza che diventò poi realtà a Tokyo. Con la panna e il cioccolato era venuta fuori questa scritta: “Il meglio deve ancora venire”. E venne. E venne grazie a questo stadio che ha il nome del telecronista che raccontò la grande impresa di Pietro Mennea a Mosca e tante altre storie. Sulla pista del Paolo Rosi, Marcell Jacobs è diventato grande, grandissimo.
La sua zona di lavoro è sempre stata quella del rettilineo finale, con il lettino per i massaggi all’altezza del piccolo boschetto che gli amatori sfruttano per accumulare chilometri. Jacobs si è sempre mischiato con loro, a volte condividendo qualche battuta per salutarsi, come con i ragazzi autistici del Progetto Filippide. Poi, è partito per gli Stati Uniti. Ma sa che questo rimarrà il luogo del cuore e un posto dove ritrovarsi, il suo personale Colosseo (quello vero se l’è tatuato addosso), un paesaggio che, parole sue, “sarà sempre con me”.