È domenica mattina. Novembre. Il giorno di una piccola grande tradizione: una gara podistica. Corriamo al Tiburtino. Gli atleti sciamano silenziosi per riscaldarsi, altri già depositano le tute e le felpe nei gazebo dei gruppi sportivi. Scatta il conto alla rovescia. Ma qualcuno si attarda, merito e colpa degli occhi che puntano verso l’alto e incontrano il fascino di Anna Magnani. L’attrice di tante favolose interpretazioni, da Roma Città Aperta a Mamma Roma, ci guarda con tre espressioni che diventano una calamita, impossibile allontanare gli occhi da quelle immagini disegnate dallo street artist Lucamaleonte nell’ambito del progetto Roma Cares.
Se qualcuno ha ignorato Anna in partenza c’è una prova di recupero durante la gara, che passa e ripassa per quell’incrocio tra via della Vanga e via Mozart. Forse i più giovani non sanno della Magnani, del suo talento, della sua romanità, della sua storia. Una storia che ha a che fare, fra mille cose, anche con l’atletica, indirettamente. Perché fra i suoi amori ci sono stati due atleti che hanno frequentato l’atletica di alto livello: Goffredo Alessandrini, che fu suo marito, nel 1925 si laureò (ancora non si conoscevano al tempo) campione d’Italia dei 110 ostacoli; più tardi, Massimo Serato, praticò il lancio del giavellotto.
Chissà se a lei piaceva l’atletica. Ma intanto la domenica dei podisti sta finendo, c’è chi è andato al ristoro, chi è salito sul podio, chi maledice i classici acciacchi del corridore. Ci si dà appuntamento per la prossima volta. E a quel punto si alzano ancora gli occhi ancora attratti da quelle immagini. È il momento di dire: ciao Anna.