Era il 2019 e Armand Duplantis era ancora lontano (ma neanche troppo) dal diventare l’imperatore dell’asta. Il saltatore, madre (e nazionalità sportiva) svedese e padre statunitense, scelse di prepararsi per il Mondiale di Doha nel centro sportivo delle Fiamme Gialle, all’Infernetto, un impianto a cinque stelle per i tanti campioni che ci si sono allenati, da Fabrizio Donato a Caterine Ibarguen, grandi specialisti del salto triplo.
Mondo, scusate il gioco di parole derivante dal suo soprannome, si divertiva un mondo. Un pomeriggio non si sentiva a posto fisicamente e decise di fare da spettatore a una gara non ufficiale in cui si sarebbe esibito il miglior specialista azzurro, Claudio Stecchi. Viaggiava per la pedana un po’ pigramente con l’aria di chi ancora non la sa lunga. Qualche settimana dopo sarebbe salito sul podio dei Mondiali con tanto di emblematica foto sul materassone dell’asta insieme ai suoi compagni di medaglia che l’avevano preceduto, Sam Kendricks (il vincitore) e Piotr Lisek. Poco meno di due anni dopo, qualche “world record” in mezzo (tra cui il primato del mondo outdoor di 6.15 stabilito al Golden Gala 2020), arrivò poi il titolo olimpico.
Ma torniamo all’Infernetto. A un certo punto, prima che la gara cominciasse, Duplantis cominciò a sorridere come se fosse stato davanti a un cartone animato. Sembrava ancora più giovane di quanto fosse in realtà, ma si riteneva un veterano perché “avevo cominciato prestissimo a usare l’asta” visto che si trattava del mestiere sportivo del papà Greg. La risata di “Mondo” fu provocata da Giuseppe Gibilisco, campione del mondo del 2003, e allenatore di Stecchi, che stava “scalando” i ritti per piazzare l’asticella alla misura giusta. Un vero uomo ragno. Che fece dire a Duplantis: “Noi dell’asta siamo un po’ tutti matti”.