Si conoscono in una palestra. Nicola Pintus è un docente di educazione fisica, durante il servizio militare si è impegnato con le persone con disabilità. Alberto Rubino, che poi è il suo vicino di casa, è invece un ragazzo autistico e non parla dall’età di tre anni.
Fra di loro, è il 1986, scoppia una scintilla. C’è un complice del loro legame: si chiama sport, atletica in particolare, e quell’atletica specifica che è la corsa lunga, fino alla maratona. In effetti di complici ce ne sono due: c’è pure uno stadio, quello dell’Acqua Acetosa. In quelle corsie, Nicola e Alberto parlano con gli sguardi, le falcate, il fiatone.
La storia è nata sotto casa, ma poi si mette a fare il giro del mondo: partono, viaggiano, corrono. Eccoli a Boston, a New York, ovviamente a Roma. Ma anche in un’incursione sull’Himalaya, a 5300 metri di altitudine. Sono esperienze che li fanno diventare più che amici, quasi fratelli.
Ma succede un’altra cosa: Nicola e Alberto trovano altri fratelli e altri amici. E un nome: Progetto Filippide. E un colore: l’arancione delle maglie della squadra. Ora non sono più soli, arrivano altri ragazzi, altre storie che si incrociano, altri Alberto e altri Nicola che si legano. E a Filippide non bastano più i giovedì allo stadio Paolo Rosi, non basta più Roma. Il Progetto diventa grande, fa il Giro d’Italia, pianta radici, lo sport dei ragazzi autistici non è più un tabù. I due amici dell’Himalaya ne hanno fatta di strada.