Un uomo semplice, affabile, pieno di risorse quando si parlava di sport, dentro la scorza di un professore universitario, geologo di grande caratura, un curriculum che coerentemente con lo stile del suo personaggio, lui teneva a minimizzare. Un personaggio che scrive un libro in lingua inglese sugli studi dei terremoti in Italia e porta al Cus Roma una fialetta di polvere che tutti guardavano un po’ schifati, prima di spiegare con noncuranza che erano polveri lunari assegnate all’Italia dalla Nasa per studiarle: questa appassionata duplicità la dice tutta su questo grande ricercatore.
Ma attenzione, perché l’altro Funiciello, quello del campo, del cronometro, degli allenamenti dei fuoriclasse neozelandesi nei giorni delle Olimpiadi di Roma “spiati” con curiosità, non era da meno. È stato un grande tecnico che lavorando fianco a fianco con Oscar Barletta provava a cambiare il mezzofondo in Italia, senza fare rivoluzioni sanguinarie. Ha fatto un po’ tutto: dirigente, allenatore e anche presidente del comitato laziale dell’atletica.
Il ‘tutto’ svolgendo il proprio lavoro accademico e intercalandolo con il ruolo di semplice uomo da campo con la massima naturalezza, quasi fossero cose scontate e di nessuna rilevanza.
Questa sua doppia veste è finita anche in un libro, “Un geologo in campo”, che a dieci anni di distanza dalla sua morte ha voluto rievocare la doppia corsia della sua vita, la sua ricerca scientifica e l’irresistibile calamita che lo riportava in mezzo alle piste, per esempio con Umberto Risi, l’atleta simbolo della sua esperienza di tecnico, oggi grande dispensatore di consigli a tutto il popolo podistico dello stadio Paolo Rosi.